I quotidiani che fanno capo ai signori Belpietro e Feltri non perdono mai occasione per dimostrare arretratezza culturale, immoralità professionale e sempre più spesso una vera e propria idiozia (celata dietro l’iperbolica sicumera, propria di chi essendo poco intelligente non può vedere oltre la propria visione delle cose: insomma arrivano fin lì, poveretti, c’è poco da fare).
Partiamo dal caso Fini. Può un giornalista far scoppiare un caso scrivendo semplicemente “girano voci”? È professionale scrivere il pezzo e poi dire “adesso aspettiamo che altri (ovvero i magistrati) cerchino riscontri?”. Un anonimo pugliese avrebbe confidato casualmente a Belpietro (notoriamente facilmente raggiungibile da chiunque), in un momento particolarmente idoneo della congiuntura politica, un’”enormità” e Belpietro che fa? Cerca riscontri, una qualsiasi pezza d’appoggio, come farebbe un giornalista degno di questo nome? Nient’affatto. Pubblica l’enormità così com’è: Fini starebbe architettando un falso attentato a se medesimo, per poi far ricadere la colpa su Berlusconi. E certo che Belpietro di falsi attentati se ne intende, basta vedere i guai che sta passando il suo ex-capo scorta in proposito. Ma la sua esperienza in merito non giustifica, giornalisticamente, un comportamento di questo tipo. Belpietro, e Feltri, dovrebbero comprendere una volta per tutte che non sono al bar (certo il numero dei lettori dei quotidiani di riferimento sarebbe quello degli avventori di un bar di periferia se non avessero la ribalta offerta dalle rassegne stampa televisive), che non stiamo a fa’ du’ chiacchiere tra noiartri. Il giornalismo è (era, perché ormai in Italia…) un lavoro serio; il giornalista ha delle responsabilità, la sua materia sono (o dovrebbero essere) i fatti. Poi ci sarà chi ha il compito di esprimere opinioni su questi fatti. Ma i fatti (e con ciò si intendono eventi che abbiano riscontri oggettivi) sono imprescindibili da questo mestiere. Altrimenti si è scrittori, narratori, comici, fantasisti, opinionisti da bar, Minzolini, Vespa, ma non giornalisti. I contenitori delle proprie “invenzioni” in tal caso non possono essere i giornali, i quotidiani (o i telegiornali) ma altri media che incornicino le proprie esternazioni appunto come racconto, romanzo, barzelletta, semplice boutade, intrattenimento. E dire che questi sedicenti professionisti della penna, sono gli stessi garantisti sfegatati che attaccano a testa bassa Spatuzza e Ciancimino (non un anonimo pugliese che ha sentito qualcuno dire qualcosa a proposito di qualcun altro), quando potrebbe anche solo trasversalmente andarci di mezzo il Premier (ovviamente). “Basta fidarsi della parola di pentiti a orologeria come Spatuzza”, gridano come ossessi, “Basta dare credito ai deliri psicotici di Ciancimino”, si strappano i capelli. "Occorrono riscontri, altrimenti le parole sono aria fritta", dicono. Verissimo, infatti “verba volant”, ma “scripta manent” e voi, sconsiderati della carta stampata, superficiali della morale – la vostra sì a orologeria o meglio prezzolata – paladini dell’ingiustizia, voi appunto “scrivete”. Non stupitevi quindi se poi scattano le querele, non fate le vittime, perché siete i carnefici, non gridate incoerentemente allo scandalo quando qualcuno deciderà di restituirvi pan per focaccia, siate, se non giornalisti, almeno una parvenza di uomini!
Parimenti decidere di liquidare il caso “Elton John”, che dovrebbe, a osservatori disposti al confronto (a normali giornalisti), intelligenti e in sintonia con le evidenti nuove esigenze di questo secolo, con l’inevitabile cambiamento del costume (che tanto cambia nonostante gli irriducibili e onnipresenti reazionari) sollecitare importanti riflessioni, un aperto confronto (perché di mezzo ci sono vite e personalità – quelle dei bambini – che si costruiscono appunto attraverso le relazioni) con una volgarità come quella di definire un uomo “mammo”, ostentando una superficialità degna dei peggiori trogloditi, ha davvero dell’icredibile. Un omosessuale non è un “uoma” cari Belpietro e Feltri, né un “donno”, allo stesso modo come ognuno di voi non sarebbe per alcuni un “idioto” (ma proprio un idiota!). Un omosessuale o è uomo o è donna, senza confusione alcuna. Quindi potrà essere o un padre o una madre. E in questo caso entrambi i genitori potranno essere buoni padre o cattivi padri. Ovviamente nella relazione con il figlio, ognuno metterà a disposizione la propria personale sensibilità e – ci auguriamo – farà del proprio meglio per contribuire a una serena evoluzione della personalità e del carattere del bimbo. Ma su questo caso si deve comunque riflettere proprio per preparare nel migliore dei modi eventuali aperture (ce lo auguriamo) future in questo senso. La questione dell’utero in affitto ad esempio è un’altra questione che va senz’altro dibattuta. L’età del neopapà (sessantacinquenne) è senz’altro un problema – almeno secondo me. Infatti la legge inglese che ammette l’adozione da parte di coppie omosessuali fissa il limite di età a quarantacinque anni. D’altra parte nessuno sollevò per esempio un caso etico quando in Italia (nell’ambito di un matrimonio convenzionale) il fu Mike Bongiorno divenne ad esempio padre alla medesima età di Elton John. In questi casi nessuno ovviamente si sognerebbe di mettere in discussione le libertà personali. Vi immaginate una legge che imponesse a due coniugi di non proliferare dopo una certa età? Qualcosa di simile alle imposizioni legislative di stampo cinese tanto condannate dall’occidente, ma per la carità! Allora la vera domanda è come conciliare l’incongruenza e la differenziazione che si viene a creare – in fatto di libertà personali - tra chi è libero di proliferare quando e come più gli aggrada (sia esso un vecchio, un delinquente, un pedofilo, un molestatore un serial killer), purché nell’ambito di una coppia tradizionale e convenzionale, e chi invece non può farlo (tenendo conto del fatto che un numero enorme di bambini ha estremo bisogno di una famiglia). Ovviamente sto semplificando e non ho di certo delle risposte preconfezionate in merito. Semplicemente provo a riflettere sulla questione, senza banalizzarla con un volgare neologismo (“mammo”). Mi preme solo sottolineare che su questioni di questa portata ci aspetteremmo sollecitazioni e riflessioni di spessore, ci aspetteremmo qualcuno che ci aiuti a pensare, e non ricevere al prezzo di un euro, dai giornali, esattamente ciò che potremmo sentire ovunque, da chiunque.
29 dicembre 2010
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