Su La Stampa di sabato scorso ho letto un bel commento di Gramellini, che rappresenta un’importante lezione di civiltà, da tenere ben presente. Come qualcuno saprà il figlio del Presidente francese Sarkozy, studente universitario poco più che ventenne, era stato candidato alla guida di un’importante società statale, ma l’opinione pubblica in Francia – attraverso il quotidiano Le Monde – ovvero quegli elettori che hanno votato Sarkozy-padre alla Presidenza del Paese, si è sollevata senza attendere un attimo. Qui in Italia, da tempo, pare abbia invece vinto la resa incondizionata. Tutti i politici rubano, tutti fanno sesso spericolato, tutti raccomandano tutti e nessuno ha il senso dell’istituzione che rappresenta – sottolinea Gramellini - quindi lasciamo perdere e basta! Non alziamo più la voce, perché ci sentiamo sconfitti in partenza e forse anche perché in fondo (molti la pensano così) se ne avessimo l’opportunità, agiremmo tutti nello stesso modo. Io personalmente non ci credo, ma ho sentito parecchie persone sostenere questo punto di vista. Eppure sicuramente in Italia ci sono persone degne, persone migliori di quelle che abbiamo eletto a rappresentarci. Di quelli che puntualmente si candidano e si ricandidano e si ricandidano ancora una volta e non si dimettono mai, nonostante tutto. Ma cosa devono fare, perché noi tutti, insieme, ci decidiamo finalmente a licenziarli? Abbiamo o no la forza di dare il benservito a questa elite chiaramente indegna? Vogliamo o no concedere una reale opportunità al rinnovamento? I lettori di Le Monde, i francesi, vigilano continuamente sulle istituzioni e non solo da oggi. Così facendo riescono a svolgere quel ruolo di controllo che spetta appunto al popolo e che è fondamentale in una democrazia civile. Indignarsi e far sentire la propria indignazione con forza è oggi più che mai un dovere.
Perché come ha ricordato un lettore di Le Monde a proposito di questa vicenda, e che ci permettiamo di ricordare a nostra volta al Presidente del Consiglio italiano, “essere eletti dal popolo non dà dei diritti, ma dei doveri”.
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