IMMAGINI, ISTANTI, SOSPIRI, FUGGENTI E SFUGGENTI, SFUMATURE INFINITE DI COLORI TRA IL BIANCO E IL NERO, GIOCHI DI LUCI E DI SUONI, STORIE DI IDEE E IDEE DI STORIE, TENTATIVI O FORSE TENTAZIONI, ACCENNI DI ME, DI NOI, DEL MONDO, TRA PASSATO E FUTURO, ALLUSIONI ALLA VITA OPPURE, FORSE, SEMPLICEMENTE ILLUSIONI!

Non fatevi fregare!

25 settembre 2009

L'Una tic / 3

C’è la mamma con la coda di cavallo, giovane bella, e il papà con molti più capelli.

Così dicono.

Domenica venti luglio.

Maria si sente male, ha forti dolori al ventre. Salvatore apre tutti cassetti del comò in camera da letto, tira fuori biancheria intima bianca, calzini di cotone bianchi, la camicia da notte di seta, bianca. Corre in bagno – spazzolino dentifricio sapone deodorante – recupera le pantofole rosa morbide, infila tutto in una borsa, suda copiosamente perché fa caldo, un caldo del diavolo. Maria inspira profondamente, in attesa sull’uscio, con il palmo della mano sul ventre gonfio, suda, guarda il marito, sorride.

È quasi sera.

Salvatore aiuta Maria a entrare nella Mini Minor rossa, si assicura che stia comoda, chiude lo sportello. Gira intorno all’auto per raggiungere il lato dell’autista. Prima di entrare dà uno sguardo in alto verso il cielo. L’azzurro ormai stinto, sta rapidamente facendo posto al grigio antracite del crepuscolo, anche se l’orizzonte dietro le montagne è ancora striato di un acceso rosso arancio. Salvatore pensa alla luna, pensa a quei tre coraggiosi lassù.

- Cazzo proprio la notte dell’allunaggio, borbotta tra le labbra, poi inspira e finalmente entra anche lui nella sua Mini Minor. Rossa.

- Attenzione tzz tzz un’antica leggenda tzz parla di una bellissima tzz tzz ragazza cinese che vive sulla luna tzz tz da quattromila anni tzz cercatela! dice qualcuno da Huston.

- La terremo d’occhio, risponde Collins.

Il futuro papà adesso è a casa, solo, seduto sul piccolo divano di finta pelle nera, davanti al suo nuovissimo Brionvega, doverosamente sintonizzato sulla telecronaca del Primo Canale. D'altra parte il ginecologo l’ha rassicurato.

- Stia tranquillo, vada pure a casa, si riposi, oppure se ha un televisore assista alla Storia, che tanto il suo bambino non verrà al mondo stanotte, non è ancora il momento.

Chissà però cosa danno sul Secondo Canale! Il fatto è che Salvatore non ha nessuna voglia di alzarsi per controllare e poi è proprio vero: qui si sta facendo la Storia! Sarà pure noiosa, ma è pur sempre la Storia. Perciò si abbandona alla diretta dallo spazio e si rassegna agli euforici commenti e ai mistici silenzi di Ruggero Orlando e Tito Stagno. Ogni tanto chiude gli occhi, la testa gli crolla in avanti, sogna, si risveglia, crolla di nuovo.

- Siamo a duecento metri tzz tzz cento cinquanta tzz tzz veniamo giù bene tzz tzz deviamo un po’ a destra tzz ecco fatto tzz tzz motore fermo. Il cuore del comandante Armstrong batte al ritmo di centocinquantasei pulsazioni al minuto.

Contrazioni e umori abbondanti tra le cosce. Si riversano caldi e appiccicosi sulle lenzuola di cotone bianco ruvido.

- Sto male! - grida Maria, suonando freneticamente il campanello una, due, tre, quattro volte. Un’infermiera alta, bionda, con le labbra spesse di rossetto rosso, arriva con calma, ciabattando rumorosamente, con la flemma e il cinismo di chi è abituato al dolore degli altri. È sgarbata, dice di stare tranquilla, di non fare storie, perché il bambino non nascerà quella notte, l’ha detto il medico, che altrimenti mica sarebbe corso a casa, anche lui ad assistere alla Storia, davanti alla telecronaca del Primo Canale.

- Ma io… per favore lo chiami! - ribatte Maria a denti stretti.

L’infermiera si avvicina per accertamenti, constata, si precipita fuori.

All’ingresso di Wapokoneta, Ohio, Stati Uniti d’America, c’è un cartello: “Benvenuti nella città di Neil Armstrong”. Sulla via principale ce ne sono altri, decine: “Benvenuti nella patria del primo lunare”. Il primo lunare. A Salvatore piace questa espressione.

Grida di donna e una voce calma, monotona, che dice: “spinga-su-su-brava-ancora-ancora-lavedo-latesta-su-su-così-ancoraunosforzo-brava”. Poi un suono secco, ciak, come lo schiocco di una frusta e infine un pianto acuto, stridulo, simile al miagolio gonfio di nostalgica malinconia di un gatto in calore.

Il comandante apre lo sportello. Scende al ralenti i pochi gradini della scaletta del Ragno. Si ferma sull'ultimo piolo per un istante interminabile. E' goffo e impacciato a causa della tuta e dell'equipaggiamento. A Salvatore ricorda l’omino della Michelin. Il modulo lunare invece gli sembra un po’ improbabile. Da lì a cinque anni qualcuno dirà che sembra uscito da un ovetto Kinder, un oggettino montabile in pochi semplici gesti piuttosto che la più avanzata macchina tecnologica possibile a quel tempo. In effetti sembra proprio fatto di carta stagnola. Ma Salvatore in quel preciso momento storico non può pensare tutto questo, perché gli ovetti Kinder non saranno sul mercato fino al 1974 e lui, a dirla tutta, di tecnologia spaziale non sa assolutamente nulla. Però la scena nel complesso gli ricorda uno di quei film di fantascienza degli anni Cinquanta, quelli dozzinali, di serie B, quelli che gli piacciono tanto e che guarda anche un po’ per farsi due risate sui mirabolanti e un po’ridicoli, effetti speciali. Chissà perché!

Finalmente Armstrong poggia il piede sinistro sul suolo della luna, sollevando un lieve sbuffo di polvere color peltro.

- Per un uomo questo è solo un piccolo passo in avanti, ma per l’umanità è un balzo gigantesco, dice. L’avranno scritta a Hollywood la battuta. Si sa, gli americani non lasciano mai nulla al caso.

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