IMMAGINI, ISTANTI, SOSPIRI, FUGGENTI E SFUGGENTI, SFUMATURE INFINITE DI COLORI TRA IL BIANCO E IL NERO, GIOCHI DI LUCI E DI SUONI, STORIE DI IDEE E IDEE DI STORIE, TENTATIVI O FORSE TENTAZIONI, ACCENNI DI ME, DI NOI, DEL MONDO, TRA PASSATO E FUTURO, ALLUSIONI ALLA VITA OPPURE, FORSE, SEMPLICEMENTE ILLUSIONI!

Non fatevi fregare!

19 gennaio 2010

Sanremo 2010. Un altro motivo per espatriare...

Un cantante a dir poco reazionario e ottuso, che si rifiuta di aprire la propria mente, che si rifiuta di imparare a scegliere che cosa valga davvero la pena pensare, vittima evidentemente, come tanti ahimè, degli automatismi preconfezionati del pensiero e che tenta, attraverso la musica, di promuovere le proprie tesi da “santa inquisizione”, provando così ad ingabbiare quanti più di voi entro gli schematismi concettuali soffocanti di quelli che pretendono di essere portavoce assoluti di un'unica verità mentre sono solo portatori insani di idee che nella loro tenace dogmaticità sono semplicemente e barbaramente violente e oscene!
Il nome di questo cantante è Povia.
Dopo i bambini che fanno oh, è con l'emblematico desiderio di essere un piccione che Povia aveva trovato un filone senz’altro consono alle sue qualità intellettuali. Avrebbe dovuto continuare con altre aspirazioni zoofile, piuttosto che inoltrarsi in argomenti per i quali l’accensione di un cervello diventa condizione imprescindibile. Certo ad avercene uno!
Dopo aver ascoltato la canzone presentata a Sanremo lo scorso anno, molti tra noi l’hanno pensato: “Non sforzarti Povia, non tentare più di ampliare il tuo repertorio, non inoltrarti in ambiti delicati, che riguardino anche solo questioni un po' più importanti della cacca di quei tuoi benedetti piccioni. E invece ci è stata propinata la presunta storia di un amico gay che, guarito dalla “malattia dell’omosessualità”, incontra una ragazza e vive con lei felice e contento! Il tutto con un testo banale e banalizzante, che infila un allucinante stereotipo dopo l’altro, ripercorrendo la storia clinico-psichiatrica di Luca, che autonomamente – novello Jung o Freud di se stesso - rintraccia le cause della sua temporanea omosessualità nella propria vita familiare, fino all’accecante illuminazione sulla via dell’eterosessualità, quando finalmente Luca ritrova nella figa e solo nella figa il senso della propria vita.
E bravo Povia.
Pochi hanno saputo dimostrare più chiaramente quale sia il reale contenuto della propria scatola cranica più di quanto ci sia riuscito tu.
Appurato ciò, resta da capire quanto gel e shampo tu sia costretto ad usare per coprire il puzzo che emana da quel contenuto. Che non può essere altro che letame!
Pensavate fosse finita là? Che si trattasse di un’ingenuità involontaria? Uno strafalcione del pensiero? Un’intollerabile idiozia dovuta all’ignoranza imperante di questa nostra epoca dolorosa? E invece no! Povia alza la posta, proponendo per il Sanremo 2010 un testo, che se fosse confermato, per quel che mi riguarda, meriterebbe l’invasione dell’Ariston, senza se e senza ma!
Quest’anno la sua retorica priva di dubbi e di sfumature, scomoda, con ancora maggiore superficialità e pervicace ottusità, nientemeno che il caso Eluana Englaro. Ovviamente questo irritante e barbaro ignorante, non ha voluto lasciare adito a dubbi di sorta, chiamando la sua canzone “LA VERITA’ (Eluana)”. Proprio così: LA VERITA’ e poi tra parentesi il nome della sfortunata ragazza. Nessun rispetto per l’immenso dolore di quella vicenda. Nessuna preoccupazione per il dolore di chi c’è ancora e tutti i giorni, indipendentemente da Povia, deve convivere con il ricordo di una persona cara che non c’è più. Ma cosa importa a Povia? Sicuramente il pezzo farà discutere, sicuramente questo gli consentirà di vendere qualche copia in più. Soldi soldi soldi. Alla faccia di qualsiasi pudore o rispetto. E cosa importa al discografico ottuso più di Povia, che suo complice, probabilmente subodorando l’affare, decide di non sconsigliarlo e di presentare uno scempio di questo genere sul palco dell’Ariston? E cosa importa ai resposanbili artistici di Sanremo che decidono che sì, che dopotutto questa canzone ha proprio un testo degno di essere ascoltato e soprattutto in grado di promettere audience? Che mondo può essere quello in cui cose del genere possono davvero accadere nell’anno Dieci del Duemila?
E se invece per una volta gli esseri pensanti del nostro paese boicottassero questa idiozia? Un segnale forte, l’unico che questa gente sia in gredo di capire: non spendete neppure un centesimo per il disco che ne verrà!
Ora per quel che mi riguarda, voglio dirlo chiaramente! Voglio dire la mia verità, la voglio dire a te Povia: se mi succederà qualcosa, qualcosa come alla sfortunata Eluana, io PRETENDO che mi si stacchi la spina! Ed è questo che lascio detto a mio padre, a mia moglie, a coloro che leggono questo post e a tutti quelli che mi conoscono. Pretendo che chi mi sopravvive possa godere dei momenti felici e intimi che i ricordi più belli della nostra VITA insieme possono offrirgli. Senza che questi ricordi siano soffocati per sempre dal dolore e dalla sofferenza di assistere quotidianamente una scatola organica vuota, priva di qualsiasi barlume di reale umanità. Pretendo di continuare a essere responsabile e padrone del mio corpo, così come lo sono in vita, anche in quella non-vita che è un coma irreversibile. E non può certo farsi Povia interprete e portavoce delle mie convinzioni, né tantomeno di quelle di Eluana. Si tratta di una pretesa tanto puerile, quanto inaccettabile!
Pubblico qui un link dove potrete leggere quello che potrebbe essere il testo della canzone. Io mi auguro si tratti di un falso, spero che, nonostante tutto, il testo possa essere diverso. Si sa, internet in questo senso è inaffidabile, la bufala è sempre in agguato, le burle sono all’ordine del giorno. Eppure questo testo sembra paurosamente, tremendamente, plausibile.
La verità (Eluana)

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